I discepoli di Gesù si trovano di fronte ad una situazione che va fuori dai loro schemi: una persona che guarisce in nome di Gesù eppure non è uno dei discepoli. Quella persona dice Giovanni non ci seguiva, cioè non è dei nostri.
Mi capita di trovare persone che fanno del bene e magari non vengono in chiesa tutte le domeniche, non sono parte attiva della comunità. A volte c’è il rischio di vivere l’esclusivismo, cioè di ritenerci apposto perché preghiamo veniamo in chiesa ma dentro ci può essere questo modo di ragionare: “Guarda quel tale viene fuori da una famiglia sbandata non potrà mai fare del bene, quello non viene a messa ogni domenica, quello è convivente, è divorziato e risposato perciò è fuori da ogni possibilità, eppure magari sta facendo del bene”.
Gesù risponde: “Chi non è contro di noi è per noi”.
A volte pensiamo che uno sia contro di noi perché non rientra nei nostri criteri nel nostro modo di intendere le cose, quante volte magari ci riteniamo di sapere, viene facile giudicare, mettere un’etichetta catalogare e prendere le distanze.
Gesù ci invita ad aprire gli orizzonti e ci fa vedere che il criterio per testimoniare la presenza di Dio, realizzare il suo regno è quello dell’attenzione agli ultimi, a chi ha bisogno. La prova ultima della nostra fede sta nella capacità di ridonare vita alle persone, farle tornare a camminare, a farle rialzare dalle loro cadute, donare speranza nuova. Al di là che uno sia credente o non credente Gesù ci invita a riconoscere e accogliere questi segni della presenza di Dio. Sono quei piccoli bicchieri d’acqua donati da chiunque, che rendono concreta la presenza di Dio. Allora la vera distinzione non è tra chi va in chiesa e chi non ci va; ma tra chi si ferma accanto ad una persona bisognosa, chi si sporca le mani per fare qualcosa e chi invece tira dritto.
Ecco allora l’avvertimento a non scandalizzare i piccoli nella fede, ma anche a togliere tutto ciò che ci fa inciampare nel cammino di fede. Scandalizzare significa far inciampare gli altri, può succedere che con il nostro modo di comportarci possiamo far inciampare gli altri cioè non essere credibili magari nei confronti dei bambini, delle nuove generazioni, di chi fatica a credere. Con la mia vita, con le mie azioni volte a portare sollievo a promuovere la dignità delle persone io rendo presente e vicino il volto di Dio.
Tagliare, togliere non quello che ci fa vivere ma quello che ci fa inciampare, quello che ci impedisce di fare della nostra vita un dono, quello che impedisce di far fiorire la vita in noi e negl’altri.
Dobbiamo forse togliere modi sbagliati di guardare noi stessi e gli altri, pregiudizi, sensi di colpa, invidie e gelosie che nascono perché guardiamo solo quello che non abbiamo. Togliere discorsi inutili, chiacchere taglienti che fanno male. Togliere la pretesa di non sbagliare mai o dire io non ho bisogno Togliere quel “si è sempre fatto così, oppure ormai mi adeguo tiro avanti, oppure non cambierà mai”. Impariamo a riconoscere quello che fa inciampare noi e gli altri e a toglierlo per poter mettere quello che serve (la tua parola dà vita Signore) e continuare a far rifiorire la via.