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Il vangelo di oggi si conclude con il fatto che un invitato a nozze non ha il vestito adatto. E’ importante il vestito in un evento, in una cerimonia… Tanto da spendere solidi, preoccuparci…
C’è un vestito che ci è stato regalato e che forse ci siamo dimenticati di aver ricevuto: nel giorno del nostro Battesimo ci è stata donata una veste bianca. Un vestito per dire un fatto nuovo, la nostra nuova dignità di figli di Dio, amati gratuitamente dal Padre e sempre tra le sue braccia… Un vestito che dice festa per un dono ricevuto.
Dio invita il suo popolo al banchetto, a fare festa a fare esperienza di salvezza: “Il Signore eliminerà la morte per sempre, asciugherà le lacrime su ogni volto…”
Quel vestito dice un invito a fare festa, per che cosa? Per l’esperienza della salvezza che passa attraverso le relazioni, lo stare assieme, il condividere la vita.
L’invito alle nozze è l’immagine per dire la gioia, la festa che non siamo più soli, che Dio in Gesù è venuto a condividere la nostra condizione umana. E’ venuto per chi è bisognoso. E’ l’invito a imparare a vivere, a gustare le relazioni, a prendercene cura.
Il re invita, ma si trova di fronte a un rifiuto, la gente è presa da altro: dal lavoro, dagli interessi, l’avere sempre di più, sono i beni da comprare, da possedere, è la bella immagine da avere…
Interessante questo re fa l’esperienza del fallimento, il suo invito non interessa. Quante volte magari abbiamo fatto tanto e sperimentiamo dei fallimenti nella vita, nell’impegno educativo?
Possiamo anche chiederci: “Noi abbiamo accolto l’invito, oppure siamo presi da altro? C’è il rischio concreto di lasciarci prendere dall’avere di più, dagli interessi, dal lavoro… che ci distoglie dal percepire il volto dell’altro, la sua presenza le necessità.
Di fronte a questo rifiuto/fallimento il re non si chiude ma apre a tutti l’invito. Per Dio nessuno è escluso, tutto sono invitati, buoni e cattivi, senza badare a razza, meriti, moralità. Colpisce questo modo di fare di Dio che non esclude nessuno, noi a volte siamo facili a selezionare, escludere specie chi la pensa diversamente oppure chi ha sbagliato.
La sala si riempie di persone di tutti i generi, ma uno di questi invitati non ha il vestito. E’ importante di fronte ad un evento cambiarsi il vestito, mettersi il vestito a festa, nuovo perché esprime l’essere dentro il condividere quella situazione quella realtà, nessuno va a nozze vestito dal lavoro. Avere il vestito nuovo non significa essere apposto, bravi, perfetti secondo i criteri di santa romana chiesa, ma consiste nella responsabilità della nostra risposta, se con la nostra vita ci siamo coinvolti e testimoniamo il volto di Dio che Gesù ci ha mostrato.
Abbiamo un abito che non fa colpo, cioè uno stile di vita che non provoca chi ci incontra. E. Bianchi in un suo intervento diceva: “Oggi il cristiano ha una fede incapace di interessare l’uomo, una fede a corto respiro, che non incide sulla vita, non fa la differenza. Ci sono tanti credenti ma sono poco credibili”.
Allora indossare quell’abito significa indossare sempre più l’abito di Cristo vivere secondo la sua umanità. E’ la veste nuova ricevuta nel Battesimo, rivestiti di Cristo: cioè una vita dove noi facciamo nostri i gesti di Gesù, come lui parlava, come lui guardava e si avvicinava alle persone, vivere i suoi sentimenti, stare con coloro che egli preferiva cioè tutti in particolare i bisognosi.
Guardiamo che abito indossiamo. C’è un invito gratuito anche per noi, che cosa facciamo?