La parabola dei due figli mi fa venire in mente alcuni discorsi sentiti incontrando le persone: “guardi padre io sono credente ma non pratico, faccio del bene, aiuto ma non vengo in chiesa…”. In effetti magari sono persone che testimoniano una attenzione alle persone, all’umanità.
Altre volte mi sento dire “ Eh chi magari viene in chiesa tutte le domeniche, preghiere, e poi fuori nella vita quotidiana vive in maniera diversa, non testimonia quello che professa in chiesa”. Abbiamo qui i praticanti non credenti, un vivere la fede come una facciata, una pattina ma poi la vita è guidata da altri criteri…
Possiamo identificarci anche noi in quei due figli prima del loro modo di agire dobbiamo guardare a come loro si vivono in relazione al padre, che immagine hanno di lui. Entrambi hanno un immagine di padre-padrone, quindi nei suoi confronti o ci si ribella oppure c’è da sottomettersi, mostrarsi belli ma poi fare ciò che si vuole.
Mi pare che la parabola chiama in causa prima di tutto il volto di Dio che noi abbiamo a partire dal nostro modo di agire.
Ecco che allora dobbiamo ritornare a domenica scorsa dove ci siamo confrontati con un volto di Dio che è gratuità che guarda il bene di ciascuno di noi. Possiamo chiederci: la nostra fede, il nostro fare anche un servizio in parrocchia si fonda su questa gratuità sperimentata, che ci ha spiazzato, ci ha aperto, riscaldato il cuore, ci ha fatto rivivere, ripartire, anche grazie alle relazioni vissute nella comunità?
Oppure può esserci il rischio di vivere la propria fede il proprio servizio per dimostrare una bella facciata? A volte chiediamoci perché si fa fatica a mettersi in gioco in un servizio, magari criticando chi lo fa, eh hanno buon tempo… Si usano magari scusanti per non mettersi in gioco, o per non dire tocca a me…
Mi pare che in entrambi i casi nei due fratelli manca la libertà, o ci si ribella, o si appare… Così può essere anche il nostro rapporto con Dio o si vuole fare ciò che si vuole o si cerca una apparenza che non dice adesione.
Ma succede qualcosa che può cambiare: “Ma poi si pentì e vi andò”. E’ l’atteggiamento della conversione nata da un fermarsi, riflettere, rientrare in se stessi e fare verità e cambiare direzione. E’ quell’ascolto per capire la volontà di Dio e farla.
Non è facile capire la sua volontà dentro la vita, le situazioni, quando sono le più diverse, alcune belle, altre faticose di prova, una malattia, la morte improvvisa di una persona cara…
Ma nella vigna del Signore, nel campo della nostra vita, per il volto di Dio che Gesù ci ha mostrato, c’è spazio per tutti, tutti hanno la possibilità di incontrare questo volto misericordioso di Dio. C’è anche la possibilità di chi si ritiene apposto, di chi vive la relazione con il Signore solo di facciata, di perdersi.
Questo vangelo ci richiamo un atteggiamento continuo di ascolto, conversione per essere cristiani non solo credenti ma credibili. Non basta dire sì ci vogliono anche le opere le scelte concrete.
Pubblicani e prostitute ci precederanno nel regno dei cieli, non per la loro vita ma perché di fronte alla novità di Gesù, del suo amore gratuito hanno cambiato vita, non hanno detto un sì a parole ma con i fatti.
Ritorniamo a riconoscere questa fiducia di Dio per noi nonostante le nostre cadute, i nostri ritardi nel dire i nostri sì. Dio crede in noi sempre. E’ un cammino che porta all’unificazione del cuore, a diventare cioè credenti praticanti.