Il regno dei cieli è simile… Il modo di fare di Dio e lo stile che dovrebbe caratterizzare i rapporti tra Dio noi è lo stesso del padrone della parabola.
Proviamo a guardare questo stile.
Un padrone che va in cerca di lavoratori… Prima della vigna ha a cuore la dignità delle persone. Sappiamo cosa significa non aver lavoro, sentirsi “inutili”, di non poter provvedere ai bisogni della famiglia… Dio cerca per tutto il giorno e coinvolge nel lavorare nella sua vigna.
Il modo di pagare sorprende tutti, sia gli ultimi operai che i primi, tratta tutti allo stesso modo, vuole dare a tutti ciò che hanno bisogno per vivere anche se hanno lavorato per tempi diversi.
Questo modo di fare del padrone penso che ci dia fastidio, lo troviamo ingiusto. Con Dio i conti non tornano, se dovrebbe fare così ogni giorno sarebbe una azienda in perdita, creerebbe discordie e divisioni tra gli operai…
Dove sta il punto nodale della parabola, il punto dove anche noi corriamo il rischio di ritenere che questo modo di fare di Dio è ingiusto?
Lo possiamo vedere nella risposta che da il padrone: “Oppure sei invidioso perché io sono buono”. Questo modo di fare di Dio ci invita ad uscire da uno schema che abbiamo in mente anche nel pensare a come agisce Dio, passare dalla logica del rendimento/ricompensa alla logica della gratuità.
Se vogliamo capire di più il mistero di Dio, il suo modo di fare dobbiamo uscire dallo schema della proporzionalità, io faccio e in cambio mi merito una adeguata ricompensa, per entrare nel mistero della gratuità.
Il modo di fare di Dio esce da ogni regola dell’economia, lui non fa i conti per dare ad ognuno il suo ma dà a ciascuno il meglio.
Questo ci spiazza ci da fastidio perché non lo riteniamo giusto, perché siamo dentro la logica dare avere e possiamo anche noi lamentarci con il padrone, lamentarci con Dio, quello ne combina di tutti i colori e gli va sempre bene, o cosa ho fatto di male per meritarmi questa prova, malattia. Non è che Dio sia ingiusto verso i primi ma è generoso anche verso gli ultimi, verso tutti.
Ecco l’ebbrezza della gratuità dobbiamo chiederci se nel nostro cammino ne abbiamo provato la bellezza la grandezza e come essa ci spiazza perché è fare esperienza di assoluto non merito.
Possiamo sentirci come gli operai dell’ultima ora, amati perdonati immeritatamente, ma possiamo essere anche come gli operai della prima ora, chiamati a convertirci ad uscire dalle strettoie della retribuzione per aprirci all’orizzonte della gratuità.
Forse se proviamo invidia per gli operai dell’ultima ora per noi il vangelo è più un peso che una fortuna averlo incontrato. Chiediamo anche noi di non fare i conti, di poter amare in perdita come fa Dio con noi per gustare la gioia che tutti facciamo parte del regno di Dio.