Questa domanda di Gesù ai due discepoli che lo seguono è forte. Li spinge ad andare in profondità, a fare verità nel loro cuore.
E’ una domanda che possiamo sentire rivolta anche a noi oggi: che cosa cerchi nella tua vita?
Un po’ di salute, di tranquillità economica, di riconoscimento, affetto. Di un periodo tranquillo, di sentirti capito, di riconciliazione con i tuoi cari? Di una casa, un lavoro… Oggi siamo noi quei discepoli che lo seguono ma perché lo seguiamo? Che cosa cerchiamo da questa messa?
Strana la risposta dei discepoli: Maestro dove abiti? Cioè che tipo sei, come possiamo conoscerti, anche da dove uno abita si capisce che tipo è, oppure abitando con lui si conosce chi è e com’è.
Venite e vedrete, per conoscere bisogna vivere questi verbi: andare, cioè mettersi in gioco, rischiare, fare fatica, anche…
Poi vedere, constatare con i propri occhi per conoscere in prima persona e poi fidarsi. Rimanere, stare abitare la casa, le parole, la vita dell’altro. Certo che da questo incontro i due discepoli sono stati colpiti molto, tanto da diventare testimoni conviti per portare altri da Gesù.
Pensando alla giornate mondiale del migrante e rifugiato che celebriamo oggi mi viene spontaneo pensare la domanda di Gesù rivolta a migliaia di persone che si mettono in viaggio: che cosa cercate? Si potrebbe rispondere con una parola: vita, vivere.
Una risposta che si può tradurre con le parole di Papa Francesco nel messaggio per questa giornata: accogliere, proteggere, promuovere, integrare.
Penso che i due discepoli che sono andati da Gesù, indicato come maestro, il messia (cioè salvatore), hanno fatto esperienza di essere accolti, protetti nelle loro fragilità, promossi nella loro dignità e integrati, sentirsi parte di una comunità attraverso il costruire relazioni vere.
In Gesù trova risposta il mio, il nostro bisogno di essere accolti, protetti, promossi e integrati, e questo genera vita, genera pace, felicità. Genera entusiasmo di chiamare, coinvolgere anche altri.
Per essere testimoni che affascinano, che rendono visibile il cristo possiamo chiederci: come viviamo l’accoglienza, non solo dello straniero, ma anche di chi è diverso, non la pensa come me. Che non deve essere un “Fa tutto lo stesso”, ma puntare sulla propria e altrui dignità.
Come esprimo il poter proteggere, cioè il dovere di tutelare la dignità di chi fugge da un pericolo, di chi ha bisogno, di chi è fragile perché ancora piccolo.
Promuovere la crescita e il sostegno di un sviluppo umano che coinvolge tutta la persona.
Integrare: cioè sentirsi parte di un corpo. Glorificate Dio nel vostro corpo, che è anche inteso come comunità cristiana. Non estranei, ma parte viva, dove mi sento che posso contribuire con le mie capacità e posso anche ricevere dagli altri. Uno scambio reciproco di doni e di collaborazione.
Che cosa cercate? Forse tutti cerchiamo questo, cerchiamo questa esperienza di salvezza che passa oggi nel corpo di Cristo che è la chiesa. Chiediamo al Signore di ascoltare la sua parola per essere testimoni autentici del suo volto.