Siamo verso la fine dell’anno liturgico lo paragono alla situazione di essere come verso la fine della vita e magari ci chiediamo cosa c’è dopo, facciamo un bilancio della nostra esistenza, cosa abbiamo fatto di bello, cosa resterà di ciò che abbiamo fatto. Forse c’è anche la paura di perdere, di aver vissuto invano…
E’ un discorso che nel vangelo parte dalla bellezza e grandezza del tempio, luogo che per eccellenza esprime la presenza di Dio, con il rischio di fermarsi al tempio e non relazionarsi con Dio.
Gesù dice: “Non resterà pietra su pietra…” Allora le letture di oggi ci invitano ad uno sguardo più profondo sulla realtà, sulla nostra vita. Perché c’è qualcosa che passerà, e qualcos’altro che non passerà, ma resterà per sempre. Ci sarà un momento del giudizio, che non sarà altro un momento dove ci apparirà la verità della nostra vita, delle nostre azioni.
Gesù non dice quando avverrà questo passaggio, ma ci dice come essere pronti. E l’essere pronti è imparare ad avere uno sguardo della realtà a partire dalla relazione con Lui.
Cioè nella vita ci saranno anche situazioni dolorose, terremoti, carestie, malattie. Saremo perseguitati, metteranno le mani su di noi, traditi perfino dai genitori, amici… ma neanche questo non è la fine.
“Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”
E’ una espressione che dice cura, attenzione, protezione di Dio per noi. Ma ne abbiamo fatto esperienza? Ciò che resta di fronte a tutta la violenza, ad altre situazioni è quella fede in Gesù. Fidarci di quell’amore che Gesù ci ha dimostrato. Nella croce di Gesù, espressione della partecipazione di Dio alle sofferenze di tutta l’umanità, Dio si mostra il suo volto paterno e perdonante. E’ un amore che porta nella scelta libera anche a morire. Non è il sacrificio che serve a placare la rabbia di Dio, ma un amore fino alla fine.
Avere questa fede in Gesù ci da la forza di perseverare, cioè di sopportare le avversità e le fatiche morali. Sopportare la nostra vita, cioè stare sotto, significa viverla alla luce della fede che salva. Viverla fidandoci di accogliere questo amore e viverlo. E’ questo amore che cambia le cose che non riusciremo ad accettare. Come spiegare il perdono, l’amore per il nemico? O l’essere vicino a chi sbaglia, o farci vicini a chi ha bisogno? Accogliere chi ci ripugna, perché ammalato, sporco, povero?
Alla fine resta questo, è l’esperienza della bellezza della gratuità dell’amore. Non resta tutto ciò che è violenza, ingiustizia, peccato. Vivere delle relazioni tra noi, belle, umane, vere è già un anticipo di paradiso, della gloria di cui partecipano i santi.