foglietto n. 36/2020
20 Settembre 2020 – XXV Domenica del Tempo Ordinario
ACCESSO ALLA CHIESA PER LE CELEBRAZIONI
Ricordiamo che per l’accesso alla chiesa è necessario igienizzarsi le mani, sedersi sui banchi o sulla sedia dove è indicato da un segna posto, e tenere la mascherina per tutto il tempo della celebrazione. L’accesso alla chiesa è dalla porta centrale, per chi ha dei problemi e per le carrozzine è dalla porta laterale verso il campanile. Esortiamo tutti ad avere pazienza e a sopportare gli inevitabili disagi, compreso quello di non poter entrare in chiesa se i posti fossero tutti occupati.
COMUNICAZIONE
Il Vescovo comunica alle comunità parrocchiali di S. Ambrogio e Silvelle che il parroco don Federico viene trasferito. La sua nuova destinazione sarà la cura pastorale delle parrocchie di Candelù e Varago nel Comune di Maserada sul Piave. Verrà qui sostituito da don Maurizio Bernardi, fin ora parroco di S. Pio X, Calvecchia e Fiorentina nel comune di S. Donà di Piave.
Per questo periodo don Federico continuerà qui il suo ministero. In seguito, il nuovo parroco designato prenderà accordi con i Consigli Pastorali e Affari economici per concordare le modalità dell’ingresso e inserimento.
Il Vescovo ringrazia don Federico per il bene fatto in questi anni con un ministero generoso e attento alle persone. Lo ringrazia anche per la sua disponibilità ad accettare un’obbedienza che comporta sempre un distacco e una sofferenza.
Sentiamoci uniti nella preghiera perché il Signore ci aiuti a vivere questo momento nel desiderio di fare la volontà di Dio e confidiamo in Lui che ci apre sempre a un bene più grande anche se a volte per vie misteriose.
CONSIGLIO PASTORALE L’incontro insieme alla comunità di Silvelle è fissato per mercoledì 23 settembre ore 21 in Sala Teatro a Silvelle.
CAMPETTO PARROCCHIALE momentaneamente rimane chiuso in attesa di poter trovare dei volontari per organizzare la riapertura.
LOTTERIA PARROCCHIALE
Purtroppo quest’anno non sarà possibile lo svolgimento della sagra parrocchiale e della pesca di beneficenza all’interno della sagra come di consueto. La parrocchia intende realizzare una lotteria per il giorno 25 ottobre per far fronte alle spese della parrocchia e ultimare i lavori di sistemazione del piazzale della chiesa. Per questo, nelle prossime settimane degli incaricati passeranno per le abitazioni del paese proponendo l’acquisto di biglietti della lotteria. Vi ringraziamo per la collaborazione.
Dall’udienza di Papa Francesco del 16 settembre
Catechesi – “Guarire il mondo”: 7. Cura della casa comune e atteggiamento contemplativo
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Per uscire da una pandemia, occorre curarsi e curarci a vicenda. E bisogna sostenere chi si prende cura dei più deboli, dei malati e degli anziani. C’è l’abitudine di lasciare da parte gli anziani, di abbandonarli: è brutto, questo. Queste persone – ben definite dal termine spagnolo “cuidadores”, coloro che si prendono cura degli ammalati – svolgono un ruolo essenziale nella società di oggi, anche se spesso non ricevono il riconoscimento e la rimunerazione che meritano. Il prendersi cura è una regola d’oro del nostro essere umani, e porta con sé salute e speranza (cfr Enc. Laudato si’ [LS], 70). Prendersi cura di chi è ammalato, di chi ha bisogno, di chi è lasciato da parte: questa è una ricchezza umana e anche cristiana.
Questa cura, dobbiamo rivolgerla anche alla nostra casa comune: alla terra e ad ogni creatura. Tutte le forme di vita sono interconnesse (cfr ibid., 137-138), e la nostra salute dipende da quella degli ecosistemi che Dio ha creato e di cui ci ha incaricato di prenderci cura (cfr Gen 2,15). Abusarne, invece, è un peccato grave che danneggia, che fa male e che fa ammalare (cfr LS, 8; 66). Il migliore antidoto contro questo uso improprio della nostra casa comune è la contemplazione (cfr ibid., 85; 214). Ma come mai? Non c’è un vaccino per questo, per la cura della casa comune, per non lasciarla da parte? Qual è l’antidoto contro la malattia di non prendersi cura della casa comune? È la contemplazione. «Quando non si impara a fermarsi ad ammirare e apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli» (ibid., 215). Anche in oggetto di “usa e getta”. Tuttavia, la nostra casa comune, il creato, non è una mera “risorsa”. Le creature hanno un valore in sé stesse e «riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 339). Questo valore e questo raggio di luce divina vanno scoperti e, per scoprirli, abbiamo bisogno di fare silenzio, abbiamo bisogno di ascoltare, abbiamo bisogno di contemplare. Anche la contemplazione guarisce l’anima.
AVVISI DELLA COLLABORAZIONE
ORARIO SS. MESSE NELLE PARROCCHIE DELLA COLLABORAZIONE
COMMENTO AL VANGELO
Quel «dono» che mette l’uomo prima del mercato.
di E. Rocchi
La vigna è il campo più amato, quello in cui l’agricoltore investe più lavoro e passione, fatica e poesia. Senza poesia, infatti, anche il sorso di vino è sterile. Vigna di Dio siamo noi, sua coltivazione che non ha prezzo. Lo racconta la parabola del proprietario terriero che esce di casa all’alba, che già dalla prima luce del giorno gira per il villaggio in cerca di braccianti. E vi ritornerà per altre quattro volte, ogni due ore, fino a che c’è luce.
A questo punto però qualcosa non torna: che senso ha per un imprenditore reclutare dei giornalieri quando manca un’ora soltanto al tramonto? Il tempo di arrivare alla vigna, di prendere gli ordini dal fattore, e sarà subito sera. Allora nasce il sospetto che ci sia dell’altro, che quel cercatore di braccia perdute si interessi più degli uomini, e della loro dignità, che della sua vigna, più delle persone che del profitto. Ma arriviamo al cuore della parabola, la paga. Primo gesto spiazzante: cominciare da quelli che hanno lavorato di meno. Secondo gesto illogico: pagare un’ora di lavoro quanto dodici ore. E capiamo che non è una paga, ma un regalo. Quelli che hanno portato il peso del caldo e della fatica si aspettano, giustamente, un supplemento alla paga. Come dargli torto? Ed eccoci spiazzati ancora: No, amico, non ti faccio torto. Il padrone non toglie nulla ai primi, aggiunge agli altri. Non è ingiusto, ma generoso. E crea una vertigine dentro il nostro modo mercantile di concepire la vita: mette l’uomo prima del mercato, la dignità della persona prima delle ore lavorate.
E ci lancia tutti in un’avventura sconosciuta: quella di una economia solidale, economia del dono, della solidarietà, della cura dell’anello debole, perché la catena non si spezzi. L’avventura della bontà: il padrone avvolge di carità la giustizia, e la profuma.
Mi commuove il Dio presentato da Gesù, un Dio che con quel denaro, che giunge insperato e benedetto a quattro quinti dei lavoratori intende immettere vita nelle vite dei più precari tra loro. La giustizia umana è dare a ciascuno il suo, quella di Dio è dare a ciascuno il meglio. Nessun imprenditore farebbe così. Ma Dio non lo è; non un imprenditore, non il contabile dei meriti, lui è il Donatore, che non sa far di conto, ma che sa saziarci di sorprese. Nessun vantaggio, allora, a essere operai della prima ora? Solo più fatica? Un vanto c’è, umile e potente, quello di aver reso più bella la vigna della storia, di aver lasciato più vita dietro di te.
Ti dispiace che io sia buono? No, Signore, non mi dispiace, perché sono l’ultimo bracciante, perché so che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi.
(Letture: Isaia 55,6-9; Salmo 144 (145); Lettera ai Filippesi 1,20c-24.27a; Matteo 20,1-16)