Le espressioni che Gesù usa oggi nel vangelo sono forti: portare fuoco, angoscia nel ricevere un battesimo, portare divisione…
Cosa vuole intendere con queste espressioni, che se mal interpretate rischiano di far passare Gesù come uno che provoca alla violenza, alla divisione a distruggere.
L’immagine del fuoco richiama lo Spirito Santo, la forza dell’amore che è capace di scaldare, purificare, bruciare per gli altri. Questa forza dell’amore Gesù ce la dona nel suo battesimo che lui riceverà sulla croce. Nel dono della sua vita in croce Gesù assume la morte, la violenza conto di lui e li trasforma in atto di dono. C’è un giudizio che viene dalla croce che è un giudizio di misericordia verso ciascuno. Nella croce di Gesù la nostra vita è già stata giudicata e noi siamo stati trovati degni di misericordia da parte di Dio. Questo è il grande fuoco che Gesù è venuto a portare, una potenza di vita, di luce di forza che ci fa ripartire, ci fa vedere con sguardo nuovo noi stessi e gli altri.
Vivere questo non è stato scontato, Gesù è stato rifiutato, non capito, eliminato, è la stessa situazione che è capitata al profeta Geremia. Possiamo capire allora la divisione che Gesù è venuto a portare, nasce dall’accogliere o rifiutare questo fuoco di amore che ci ha donato. Una divisione tra chi accoglie e vive di conseguenza e chi si rifiuta, chi pensa che invece la strada da percorrere sia quella della violenza, del potere sugli altri, dell’arroganza.
Gesù ha percorso questa strada non sì è scansato, la lettera agli Ebrei ci ricorda: “Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinnanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del torno di Dio”. Gesù non è un masochista che cerca il dolore a tutti i costi, ma non ha rifiutato la croce come strada dove egli manifesta in maniera totale l’amore di Dio per noi.
Tante volte abbiamo paura della fatica, della sofferenza, del sacrifico, di essere minoranza, perché ci costringono ad abbandonare i nostri comodi, ci fa sentire che siamo in pochi. Magari cerchiamo una pace, ma una pace che sia tranquillità, niente fastidi, far finta di non vedere le necessità degli altri, no vedere i problemi per non avere fastidi.
Il fuoco di Gesù ci invita a vivere la fatica, la sofferenza, il sacrifico, come atto di dono anche se comporta pagare di persona. Ci spinge a cercare quella pace che è frutto di un non mollare davanti alle prove, essere perseveranti per portare vita agli altri, dignità cura e attenzione.
Un fuoco che ci aiuta a stare anche nel conflitto che dice passione per le cose, per la vita, per l’umanità; un conflitto contro tutto ciò che va contro questo.
Un fuoco che ci aiuta ad essere coerenti in ciò che crediamo, senza annacquarci o cedere a comodi compromessi.
Chiediamo di ardere di questo fuco d’amore che Gesù ci ha donato.