Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Chi è questa grande luce: diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia.
Quella luce è Dio che ha preso dimora, casa nell’umanità di Gesù, ha messo casa nell’uomo.
Solo così noi possiamo conoscere il volto di Dio perché attraverso la vita di Gesù possiamo cogliere il volto umano di Dio, un Dio comprensibile all’uomo perché parla, agisce alla maniera umana come ha fatto con Gesù.
Il primo aspetto bello del Natale è ricordarci che Dio ha messo casa nella nostra umanità.
Magari noi cerchiamo un dio ancora nei cieli, lontano, forte, lui invece per farsi conoscere decide di venire a casa mia nella mia umanità.
Allora per vivere il Natale partiamo da casa mia, casa nostra dalla nostra terra. Ogni casa è diversa, in ogni case c’è una situazione particolare, di gioia, condivisione, di fatica, prova, malattia…
Con il Natale Dio desidera abitare la mia casa così com’è. E’ brutto, fa male una casa vuota, che rimane chiusa, quante volte preferiamo lasciare case vuote per paura di darle a stranieri?
Di fronte a questo annuncio c’è stupore, timore, perché per noi ancora è difficile da accettare che Dio desidera venire a casa mia, perche magari facciamo ancora i conti con i peccati, le nostre povertà, ci scandalizziamo non è possibile che Dio desidera stare vicino a chi sbaglia.
Chiediamoci oggi com’è la nostra casa? Non quella di muri, ma quella fatta da relazioni. Mi colpiva ciò che mi diceva un’anziana in questi giorni: “Adesso sono in una bella casa, ma manca l’armonia, la serenità, il volersi bene. La bella casa è questo non i bei muri.”
La casa sono le relazioni in famiglia, nell’ambiente di lavoro, in comunità…
E’ importante non aver paura di guardare alla nostra casa. Non ho paura perché Dio desidera abitarla. Lasciarsi abitare significa fidarci di condividere, di non aver paura di chiedere aiuto, è quello che fanno Maria e Giuseppe nell’accogliere Gesù.
E’ il sì che genera vita che accende una luce. Sono disponibile a lasciarmi abitare così come sono? Quali resistenze ci sono?
Quel bambino è avvolto in fasce, un bel gesto di cura. Quelle fasce sono particolare perché rappresentano i gesti di curo che possiamo aver ricevuto o donato.
Ecco allora la forza dirompente del Natale: accogliere l’Emmanuele, il Dio con noi comporta inevitabilmente a prenderci cura dell’umanità a partire dalle nostra.
Significa cambiare marcia: dal dover essere, dover fare, apparire ad accogliere la mia umanità i miei bisogni, lasciare che qualcuno possa prendersi cura e allo stesso tempo poi prendermene cura. Riscoprire gesti, sguardi, attenzioni che portano vita. Abbattere muri, distanze per far sentire il calore umano e la vicinanza vera.
Questa è la SALVEZZA che Gesù è venuto a portare.
Il Natale allora ci invita a cogliere lo SGUARDO di Dio verso l’umanità che è quello di fiducia e amore incondizionato, “Pace in terra agli uomini che egli ama”. Per questo lui si fa uomo in Gesù, perché ha fiducia della mia umanità della mia carne. Allora è un invito a purificare i nostri sguardi verso noi stessi e gli altri, fatti spesso di delusione, lamentela, rassegnazione,indifferenza.
Possiamo dire anche noi oggi è nato per noi il Salvatore ogni volti che diciamo sì che abiti nella nostra casa e ci prendiamo cura dell’umanità.